In oltre, il rinvenimento della data sul retro del dipinto dell'Assunta a lungo riferita all'attività post-ispanica del Giaquinto, conferma a scanso di equivoci quello che le fonti documentarie «dell'Archivio Diocesano di Molfetta hanno già legittimato», sovvertendo l'indicazione cronologica suggerita dal d'Orsi. Probabilmente in uno dei restauri ottocenteschi, eseguiti per mano di Nicola Nisio (1858) o di Michele Magarelli (1898),
con cui si provvide a schiodare in parte la tela dall'armatura lignea (fatto dimostrato dalla presenza di chiodi diversi dagli originali) non si diede molto peso al rinvenimento della firma e, così facendo, essa passo inosservata pure alla più attenta storiografia. D'altra parte, la paternità dell'opera non era mai stata messa in discussione e la stessa precisazione cronologica almeno per gli studiosi di storia patria dovette apparire di secondaria importanza.
Anche la pala del Giaquinto seguì la stessa sorte della Dormitio Virginis e fu allocata «nella nuova catedral chiesa fuori il Borgo», edificio «che prima era degli espulsi Gesuiti», per essere posizionata sull'altare «dinotante S. Maria dell'Assunta, [...] sito a mano dritta della crociera» (1785).

Infatti, con la soppressione della Compagnia di Gesù (1767), partiti i padri, la chiesa rimase vuota e si attese che fosse trasformata in nuova cattedrale, sulla scorta di una proposta avanzata agli organi competenti da mons. Celestino Orlandi passato a miglior vita il 13 febbraio 1775.

Era necessario conseguire dal governo borbonico il regio assenso: operazione che ebbe una buona riuscita grazie all'interessamento di mons. Gennaro Antonucci, eletto vescovo della Diocesi di Molfetta il 20 luglio 1775, il quale con il suo autorevole intervento presso la "Suprema Giunta di Educazione" a Napoli, dove era nato nel 1726, ottenne l'aggregazione alla «Mensa Vescovile di Molfetta del Collegio e dei Giardini» appartenuti ai Gesuiti, per convertirli «in Cattedrale, Episcopio e Seminario col canone di 221 ducati annui».

All'Antonucci va riconosciuto pure il merito di aver avviato con fervore inusitato, sostenendone le spese,
il progetto di trasformazione tardo-settecentesca della chiesa; progetto che, per […] linee generali, prevedeva l'ampliamento della zona presbiteriale, l'adattamento delle cappelle alle differenziate differenze di culto, il rinfrescato cielo degli ornati e la notevole decorazione a stucchi, le tempere delle volte e l'innalzamento del campanile [...] di pari passo con l'apertura dell'«entica» a mo' di cerniera viaria tra il Borgo e largo S. Angelo (1783 - 90).
Una prima tornata di interventi fu affidata all'architetto napoletano Pietro Lionti (1776), cui subentrò Giuseppe Gimma «Regio Ingegniere [...] della Città di Bari», che curò la direzione del grosso dei lavori negli anni 1778-85, compreso il cappellone dell'Assunta con la definitiva sistemazione del dipinto del Giaquinto.

La decorazione a stucco elaborata da disegni del Gimma fu realizzata da maestranze provenienti da Rancio Valcuvia, piccolo centro del Varesotto. Si trattava dei fratelli Carlandrea, Domenico e Giuseppe Tabacchi, attivi tra Puglia e Basilicata dal 1772 agli inizi dell'Ottocento, i quali imitandone slancio e levità - nel plasticare la monumentale Assunta e Angeli dietro l'altar maggiore, lungo la curvatura della parete absidale - certo tennero a mente il modello di Corrado: un omaggio alla memoria, un atto quanto mai dovuto (Fig. 9).

La pala giaquintesca fu collocata sull'altare che conteneva «il Sacro deposito del Protettore S. Corrado [...] ove è stato sempre solito conservarsi» e, nel concreto, condizionò le misure e la forma mistilinea della tela raffigurante l'Addolorata. Un olio che mons. Antonucci, a bozzetto approvato, aveva commissionato a Fedele Fischetti (Napoli 1732 - 1792), che lo terminò nel 1778 per il dirimpettaio cappellone dell'Addolorata.

Un Fischetti lodato nel Sud dello Stivale per le pitture «fin troppo note» della Reggia di Caserta, realizzate dopo la morte di Luigi Vanvitelli avvenuta nel 1773. Lo stesso Vanvitelli che, negli ultimi anni di vita trascorsi dal Giaquinto nella città partenopea al suo rientro dalla Spagna, aveva collaborato con lui alla decorazione della sacrestia di S. Luigi di Palazzo, il monastero reale (gennaio 1764 - luglio 1765).

Ma l'opera del Fischetti non regge, allo scoperto, il confronto con quella di un colorista per vocazione, come Corrado: che rimane un Luca Giordano «trasposto in rococò», artefice di «diafanezze sempre più spinte su forme tuttavia polite». Diafanezze che sottolineano dentro e fuori Roma, prima e dopo la nostra Assunta e Santi, la centralità del Molfettese sulla genninale formazione di Francisco Goya y Lucientes (Fuentetodos, Saragozza 1746 - Bordeaux 1828), «ultimo tra i pittori antichi primo tra i moderni»,

(fig.9) Carlandrea, Domenico e Giuseppe Tabacchi, Assunta e Angeli. Molfetta, Cattedrale.
che il Longhi fin dal 1954 aveva magistralmente stemperato in un'efficacissima pagina dedicata alla cultura di Via Condotti e alla pala trinitaria che Corrado dipinse per la chiesa domenicana degli Spagnoli, affiancato dalle testimonianze dell'allievo madrileno Antonio Velàzquez.
Furono questi i segnali che Goya dimostrerà di aver inteso per quel che erano: evocazioni di forme fluttuanti nell'aria ma che, da sole, bastavano con i loro effetti ad infinitum a suggerirgli soluzioni per nuovi contenuti. Perciò, non stupisce più di tanto il fatto che nell'inventano dei dipinti e dei disegni lasciati in eredità dal maestro spagnolo figuravano copie del Giordano e del Giaquinto.

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